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Testimonianze

Alcune testimonianze dei volontari partiti in Angola con il progetto «Um outro mundo è possivel»

L’idea di organizzare  campi lavoro nasce dalla necessità di portare a temine i progetti avviati e dalla volontà di inviare un gruppo di giovani che al proprio ritorno avrebbe potuto offrire un contributo concreto sul territorio. Un viaggio che è diventato un percorso di crescita, un sistema per la comprensione delle problematiche globali: abbiamo toccato con mano i drammi che la povertà impone quotidianamente, ma nel contempo ci siamo resi conto di quanto esperienze simili possano avere un impatto positivo sulle coscienze, di quanto i sorrisi, la vitalità, la semplicità, e la condivisione possano mutare irreversibilmente i punti di vista che ognuno porta con se prima della partenza.

Um outro mundo è possivel, questo il nome del progetto che ha permesso a venticinque giovani di partire. Un altro mondo è possibile, slogan consumato dai social forum mondiali, rappresenta realmente quello che nel nostro piccolo questa esperienza ha significato; siamo tornati a casa e abbiamo trovato il nostro mondo cambiato, non perché lo fosse davvero, ma semplicemente perché siamo riusciti ad osservarlo con altri occhi. Gli occhi di chi mette in relazione la povertà di un popolo con una storia corrotta da centinaia di anni di sfruttamento, gli occhi di chi ha visto multinazionali dai profitti stellari vendere bevande in lattina dove non c’è acqua potabile, gli occhi di chi vede bambini mutilati e scopre che circa il 70 % delle mine usate nei conflitti angolani erano di fabbricazione italiana.

Il significato di un’esperienza in un paese terzomondiale va oltre il concetto di viaggio, ma si insinua in quella serie eventi capaci di cambiare la vita di un individuo; e se cambiare la propria vita significa accrescere l’attenzione nei confronti della diversità, questa non può che essere una cosa meravigliosa. Il progetto è continuato in Italia con la realizzazione di iniziative di raccolta fondi nelle scuole, dalla primaria ai licei, dove con diversi approcci siamo riusciti a coinvolgere chi ci ascoltava mostrando materiale fotografico e audiovisivo, avviando discussioni su temi di attualità come immigrazione, consumo e mass media, strettamente correlati alla visione che da occidentali si ha della restante parte del mondo.

Questa esperienza ci ha insegnato che la solidarietà non è semplicemente offrire denaro, ma è qualcosa che ognuno di noi deve portare con se ogni giorno, è tempo, salute, pensieri e parole per gli altri. Esser solidali significa battersi per un ideale, scontrarsi per una giusta causa, discutere, mostrare a chi si ha davanti aspetti che la logica occidentale vede come obsoleti. Con un pizzico di retorica spesso si sente parlare di mal d’Africa, noi ci siamo ammalati, il nostro obiettivo adesso è contagiare quante più persone possibile.

Marco Sampietro

 

Scopo principale della nostra missione in Angola è stato quello di incontrare volti e luoghi di una parte di mondo così diversa dal nostro per cultura e stile di vita per comprendere le cause della povertà, conoscere la situazione attuale del paese e capire come poter essere utili al riscatto di questa straordinaria popolazione.

INCONTRO penso sia proprio la parola chiave del nostro viaggio. Abbiamo incontrato i seminaristi di Uige per uno scambio culturale, per mettere a confronto le nostre vite, imparare dalla diversità di ognuno e capire cosa voglia dire per un giovane come noi vivere in Angola. Abbiamo incontrato i bambini e ragazzi ospiti della comunità di S. Giuseppe abbandonati dalle loro famiglie poiché accusati di avere il “malocchio”. E da loro abbiamo imparato che nonostante tutto si può continuare a sorridere.

Abbiamo incontrato uomini donne e bambini dei villaggi di Cubal, Cabinda, Damba e Canjala con i quali abbiamo fatto festa per l’inaugurazione della Escola Rossella Rinaldi. L’incontro più duro è stato sicuramente quello con la nostra impotenza e rabbia di fronte ad una Nazione potenzialmente ricchissima grazie alle sue risorse naturali, in cui la vita media è di soli 40 anni e i bambini muoiono ancora a causa di infezioni intestinali, malaria, colera, tubercolosi… abbiamo quindi incontrato le conseguenze disastrose del nostro stile di vita ma abbiamo scelto di non lasciarci schiacciare da questi sentimenti, abbiamo deciso di INCONTRARE LA SPERANZA che un altro mondo sia possibile.

A piccoli passi, partendo dal piccolissimo delle nostre vite e con la forza che il sorriso dei fratelli incontrati ha impresso a fuoco nei nostri cuori.

Claudia Fiume