Un abbraccio di pace a voi che vi accingete a salpare (e non solo idealmente) per raggiungere una terra lontana nella geografia ma vicina ai vostri sentimenti più belli e più trasparenti. Quasi mi pare di incrociare i vostri occhi e di leggere nei vostri sguardi quel catalogo di incognite, attese, desideri misti a visioni lunghe e ampie che conducono fino al progetto di un mondo nuovo non solo possibile, ma ormai assolutamente necessario. Nella gamma di questi sentimenti – vi prego – introducete anche l’indignazione.
Per un’economia che uccide, per un’ecologia incompiuta, per una politica incapace di risposte liberanti, per religioni troppo silenti, per una società civile non sempre responsabile e consapevole, per un’informazione distratta o asservita, per una cooperazione internazionale non totalmente protesa all’aiuto allo sviluppo, per agenzie internazionali troppo attente a se stesse e alle proprie strutture, per una corruzione dilagante… L’indignazione è un ottimo concime per fare crescere risposte. Con don Tonio Bello sento di dirvi: “Abbiate il cuore vicino e i battiti lontani”. Una sana tachicardia vi consenta di vivere al ritmo dei tamburi d’Africa carichi di tradizione e di civiltà antiche, ma anche annunciatori del nuovo che nasce dal basso. Sentitevi co-promotori di questa nascita nuova. Delle gemme di speranza che vanno schiudendosi alla primavera che bussa senza sosta alle porte della storia.
Preservatevi dal rischio di vivere questo incontro con l’Africa e con gli africani come un’avventura da raccontare, un lustrino da mostrare, un’esperienza da consumare, un fatto da vantare! Cercate piuttosto di leggere nella profondità di ciò che accade, delle parole che ascoltate e delle storie che incrociate. Non accontentatevi mai della scorza degli avvenimenti e cercate sempre di scorgerne piuttosto la filigrana. Scoprirete così il fascino e la miseria di quella terra, la sua ricchezza e le ingiustizie che bruciano sulla pelle dei suoi abitanti. Affrancatevi dalla tentazione di pensare che dopo pochi giorni avete capito tutto e piuttosto cercate di “avere in corpo l’occhio del povero” (don Tonino Bello), ovvero sforzatevi di capire la situazione adottando sempre il punto di vista delle vittime. È un punto di osservazione privilegiato che difficilmente viene preso in considerazione, eppure è l’unico che fa capire veramente i drammi e le sue ragioni, le speranze e il suo numero civico.
Condividete il senso della festa di un popolo che ama raccontarsi più con la danza che con le parole e soprattutto, mettete in programma al ritorno di contagiarci. Il mondo opulento ha bisogno di testimoni autentici. Conoscere, incontrare, condividere, comprendere, denunciare, rinunciare, annunciare sono solo alcuni dei verbi che sento di consegnarvi perché ritornino ricolmi di senso e con una gran desiderio di contaminare la gente del primo mondo, terreno di missione più arduo ma forse più importante. Da questa capacità dipende anche il futuro dell’Angola.
Il Dio della vita (per quanti dicono di credere) o la vita stessa (per quanti dicono di non credere) faccia fiorire fiori di campo nella polvere in cui si riconoscono le vostre orme.
Hasta la paz!
Tonio dell’olio
Roma, 13 febbraio 2010